RICORDI DELLA MADRE
Rinunciava a giocare se si trattava di aiutarmi a fare dei lavoretti in casa che facevo per arrotondare lo stipendio di mio marito.
Lui non aveva neanche quattro anni e vedemmo insieme San Remo.
RICORDI DEL FRATELLO MAGGIORE LORENZO
Per me Alfredo è stato veramente un fratello speciale, compagno di vita e che sentivo sincero e disinteressato nel suo affetto per me. Avrei voluto averlo vicino nei mie momenti difficili ma se ne andato troppo presto e in malo modo. L’unica cosa che non gli perdono é di non essersi curato in tempo e nel modo appropriato. Si è lasciato andare in balia di tante sofferenze ed è morto triste e arrabbiato con il mondo intero. In questo mi sento colpevole di non essere riuscito ad alleviare le sue pene e di non averlo aiutato a capire quanto gli volevamo bene e quanto avevamo bisogno che lui vivesse ancora con noi.
RICORDI DELLA SORELLA MINORE MIRIAM
RICORDI DEL FRATELLO MINORE JOHNNY
Ho un ricordo in camerino nella trasmissione di Raffaella Carrà Show, in una delle tante sue trasformazioni tra calotte e posticci : prima di andare in scena si concentrava e mi diceva ” Adesso mi entra il personaggio ” e guardandosi allo specchio iniziava a controllare la mimica modificando incredibilmente le sue corde vocali e in un attimo il suo sguardo cambiava identità.
LETTERA DEL NIPOTE VINCENZO
Dovrei parlare di Zio Edo. Ma sono convinto che non amasse molto che si parlasse di lui, fosse nel bene o nel male. Parlerò perciò di qualcosa che riguarda me, anzi tutti noi.
E’ una linea sottile e tortuosa quella che percorriamo ogni giorno nella nostra Vita. La immagino, e non mi chiedete perché, come una linea rossa della quale non si vede la fine, neppure quando è vicina. Non è facile camminare sempre tenendo i piedi sulla linea, perché è stretta e si finisce spesso per mettere un piede un po’ fuori. Ora la punta, ora il tacco, ora tutta la scarpa.
Siamo equilibristi e di questo splendido barcollare facciamo virtù.
Talvolta capita proprio di uscire completamente dal tracciato anche se di pochi metri.
Esistono persone concentrate sui propri passi o su sé stessi, che magari non sbagliano mai, forse anche perché temono di veder cosa c’è al di là. Ma il più di noi si ritrova ogni tanto con entrambe le piante dei piedi al di fuori della linea, chissà come, chissà perché, e subito ci affrettiamo a rimetterci in riga. Camminare fuori dalla linea non è cosa da tutti.
Ci sono però anime al di fuori del comune, che hanno ricevuto un dono: come per esempio quello di poter muovere dei passi oltre questa linea.
Chiamatele “eccentrici”, “estremamente sensibili” o come preferite. Ma si tratta di un dono, che suscita ammirazione, un po’ di invidia ma anche paura in chi non lo ha.
Credo che nelle intenzioni di Dio ogni dono serva ad accrescere il bene di tutti gli uomini. Per cui penso che il dono di camminare oltre la linea non serva solo a chi lo ha ma debba esser utile anche a tutti coloro che gli sono vicini.
Il problema è che ogni dono di Dio comporta anche una grande responsabilità e che spesso averlo ricevuto possa far sentire soli e incompresi.
In parte temo che la sensazione di solitudine sia reale: non è facile comprendere chi non cammina sulla linea come tutti gli altri…
Ecco che chi ha un grande dono, può finire per smarrirsi in esso. E siccome ogni dono è frutto di un atto d’amore, non c’è veramente cosa più semplice che smarrirsi significhi proprio non sentire più l’amore che ci è dato non solo da Dio ma da tutti coloro che ci sono accanto.
Ma pensateci bene: a tutti capita o è capitato di sentirsi soli, non amati, incompresi. Se riflettessimo a lungo sulla questione arriveremmo a capire che in realtà l’amore che aneliamo è veramente al di fuori della portata di chiunque e che nessuno può veramente completare quel vuoto che grava sulle nostre anime. Nessuno su questa terra, ovviamente. Perché quello che sentiamo non è l’assenza di amore, ma la l’incapacità di comprenderlo fino in fondo.
Non sto parlando solo dell’amore di Dio. E’ proprio l’amore del prossimo, dei nostri amici, dei nostri parenti, dei nostri figli, genitori e fratelli che non sempre siamo in grado di percepire.
Eppure c’è, basterebbe allenarsi un po’ di più ad ascoltare il vento tra le foglie, per sentirlo giungere alle orecchie forte come un grido di gioia e al cuore come un cavallo impazzito e infine all’anima come una marea.
Ho un ricordo piuttosto nitido di Zio Edo. La parola stessa “ricordo” mi raggela. Assume un significato particolare in questo momento. Eppure non possiamo sfuggire all’idea che sia nella nostra anima, ancor più che nella nostra mente, la sede dove ogni persona che conosciamo, che amiamo, vive veramente.
Per questo non temo di parlare di un ricordo sebbene dicendolo ora risulti più una commemorazione.
Ricordo me stesso poco più che maggiorenne, traumatizzato da un incidente in auto. Ricordo che la paura mi impediva di riprendere in mano il volante.
Per quanto mi si dicesse di dover affrontare quella paura, era troppo grande perché io la potessi sconfiggere con le mie sole forze.
Ricordo che, senza molte parole, Zio Edo mi chiese di accompagnarlo a prendere le sigarette.
Entrai nella sua auto, una Mercedes, e l’odore pungente del fumo e della pelle dei sedili mi riempì le narici strappandomi un capogiro.
Inaspettatamente, dopo aver percorso pochi chilometri, lui si fermò e mi disse di prendere il posto di guida.
Non volevo. Già temevo la sola idea di guidare ancora, meno che mai avrei guidato una Mercedes. Quella di Zio Edo poi!
Non mi lasciò molta scelta però.
Non guidai che per pochi minuti. Tanto bastò per farmi riacquistare fiducia in me stesso
Non dico di guidare bene ora, ma almeno guido e gli sono ancora grato per quel gesto generoso che non fu né ultimo, né unico.
Ognuno di voi penso possa ricordare almeno un gesto del genere da parte sua.
Questo era Zio Edo. E il suo dono aveva a che fare anche più con questo che con il non stare sempre coi piedi sulla linea.
Io sono convinto che tutto l’amore che desiderava e che gli è stato dato, perché Alfredo è stato molto amato, ora finalmente lo senta.
Ci tengo a precisare che non “me lo auguro”. So che è così.
Credo avverta quell’amore sulla pelle come una carezza. Quella carezza e quel abbraccio che Dio ci ha promesso all’incontro con Lui.
Penso che ora finalmente lui senta tutto l’amore che ci è dato e che noi tutti fatichiamo a percepire in questa vita
E sono certo che ora stia sorridendo.